Cioccolatini palloncini a forma di cuoricini. Addirittura scatole con il menù già pronto per due persone. Poi fiorellini, di tutti i generi, mazzi di fiori con tanto di cuoricino attaccato.
Amore ricordato per un giorno, amore un tanto al chilo.
Il grande centro commerciale oggi è un bazar. Oggi il giorno dell’amore più commerciale.
Ma a me manca il pane e poi mi fermo alla rosticceria. Ho fretta questa domenica, voglio andare a fare un saluto a mio babbo, al cimitero è tanto che non ci vado.
Un uomo mi si avvicina- “mi scusi ma queste quanto costano che non ci vedo” mi indica un vasetto con una piccola orchidea. “Dodici euro questa grande e 6 questa piccola” lo guardo, è anziano. I capelli bianchi, radi, tutti da una parte a causa del cappello che si è tolto. La barba lunga e malrasata spunta da una mascherina di traverso, forse da troppo tempo indossata. Il cappotto un po’ liso, la forfora sul bavero è come neve sparsa. Sotto un golf pesante da cui fuoriesce una camicia vistosamente a quadri, un colletto dentro e uno fuori.
Ha il bastone, pantaloni di velluto a coste larghe e le scarpe grosse male allacciate. Il vecchio mi guarda e gli occhi un po’ umidi sorridono. “Prenderò questa, costa meno”, lo dice come a scusarsi, “ma certo”, dico io, “è molto bella lo stesso, è per la festa degli innamorati?” gli domando. Il suo sguardo si fa tenero e sembra arrossire, abbassa la voce “è per mia moglie” e mi sorride. Lo aiuto a prendere il vasetto. Mi ringrazia e si allontana verso le casse. Piano piano, zoppicando un po’. In una mano il bastone, nell’altra il piccolo vaso che tiene dietro di se, quasi si vergognasse per quel gesto, per la sua età.
“Trentadue” è il mio numero della rosticceria. Mi sono distratto a seguire quell’uomo, alla tenerezza che emanava quella mano rigida e segnata dal tempo quando gli ho porto il vasetto.
“Trentadue” il grido dell’addetta “sono io, aspetti…mi scusi, vorrei quel pollo, quello ben cotto” mannaggia è tardi devo andare al cimitero.
Un breve tratto di macchina e sono al mio paese natale San Giovanni. Scendo e mi rimetto la mascherina. Il vento freddissimo dal Pratomagno scuote i cipressi che si stagliano sul cielo azzurro. “Ciao babbo” e butto un bacino alla foto di mio padre “era tanto che non venivo, hai visto la mamma si è operata ma sta bene, mi raccomando falla stare su”. Chissà perché ma quando vado alla tomba ci parlo come se sentisse, o forse è così? Saluto e vado via. Vedo poco più là un signore, ha in mano un fiore. Che sorpresa è quel vecchio che ho incontrato al centro commerciale.
Portata dal vento sento la sua voce anche se non percepisco quello che sta dicendo. Come attratto mi avvicino, di lato un po’ dietro. Parla a una fotografia, una donna. Muove la mano, un discorso lungo. Gli racconta le cose, ogni tanto accarezza la foto. Tira fuori dalla tasca del vecchio cappotto un fazzoletto. Grande, una “pezzola” avrebbe detto mia nonna, si asciuga con ampio gesto gli occhi e poi si soffia il naso, come solo i vecchi sanno fanno, da una parte all’altra del viso.
Poi prende il vasetto dell’orchidea e con difficoltà piegandosi lo pone sulla tomba. Ora sento distintamente la sua voce “t’ho fatto una sorpresa, t’ho portato un fiorellino, Amore” si china a quella parola che sembra strana sulla bocca di un vecchio. Piano, con la schiena rigida arriva alla foto e dolce e tenero le da un bacio bellissimo, fugace e immenso. Ecco io l’ho visto allora. L’ho visto alzarsi, aleggiare intorno, volare su di noi, inondare lo spazio e il tempo. Caricarsi dei ricordi e della vita. L’Amore ha accarezzato tutto, portato dal vento che si è fatto magicamente caldo e ha riempito il cuore. Il rumore del bastone che cadeva dalla mano del vecchio mi ha fatto come risvegliare. Nel fare quel gesto lo aveva toccato e ora non riusciva a raccoglierlo. Sono corso e gliel’ho porto. “ Ci si ritrova” gli ho sorriso “ma guarda che coincidenza” mi ha detto ricambiando il sorriso- “grazie, ha visto che bella la mia Maria?” “Bellissima” gli ho risposto “ ora devo andare sennò perdo la corriera” mi ha detto “vuole che l’accompagni io?” gli ho chiesto allora, “ma che scherza” mi ha risposto incamminandosi “vada, vada io ho ottancinquanni lei l’è giovane e deve andare dalla su’moglie”. Sono rimasto così a guardarlo allontanare, nel viale del cimitero con i cipressi che al vento sembravano salutarlo. “L’è giovane” ho pensato, “chissà sessantacinque anni possono sembrare pochi a quell’età” ho seguito quel puntolino con il bastone finché non è sparito dietro al grande cancello di ferro.
Con se portava un’aria tersa, leggera, un non so che di primavera. Questa aria si è soffermata, si è voltata e mi ha sorriso. Era l’Amore che mi salutava. Era tardi, avevo il pollo da portare a casa, sono entrato in macchina e ho pensato a Katia con un misto di tenerezza e felicità. “Che bello ho pensato, per me San Valentino sono tutti i giorni dell’anno”.
