LA DIVINA COVIDIA (Inferno)

di | Nov 10, 2020 | Attualità

Nel mezzo del cammin di nostra vita

fummo assaliti da malattia oscura

che nostra tranquillità venne colpita. 

Ah quanto pesò provar la clausura 

ma questo male si rivelò sí forte

ch’avemmo tutti così tanta paura

che ci accogliesse infin madama morte.

Io con agnosti in parte mi trovai

negavo quel malanno e la sua sorte

e quelle mascherine usai giammai.

Così arrogante ero finché ad un punto

una piccante tosse mi beccai.

Vagai allor chè dubbio m’ebbe giunto,

passando al monte e ritornando a valle

cercai chi mi potesse dare spunto

e protezion alle già stanche spalle.

Mi s’approcció con grande disappunto

un medico che non contava balle

Burion il nome, di fama assai concreta:

 “tu credi tutto quanto una cacata

il dolor degli altri non t’inquieta?

Verrai con me da chi ha la sorte ingrata,

l’avevo detto al mondo da profeta 

sennò l’umanità sarà spacciata.”

Detto così si mosse a passo lesto

nel primo logo dove il malvagio alberga.

Qui sintomo del virus non s’é ancor desto

le genti allor pe’non rischiar le terga

costrette sono a gesto assai indigesto,

stan chiuse in loro villa oppur stamberga.

“Io non credei al mal e fui smargiasso”

mi disse un tale dentro alle stanze chiuse

“ho posti Sardi ove si fa gran chiasso

m’accompagnai con altre menti ottuse

finché il gran morbo mi provocò sconquasso, 

Son Briator amico delle genti illuse

d’essere immuni a questo mal tremendo

ora sto chiotto e le idiozie concluse

perché se parlo l’intelligenza offendo”

Fu allor che in me si’cominciò l’allerta

e con Burion discesi assai stravolto

in siti oscuri dove la vita è incerta.

Mi si parò famiglie tristi in volto

ch’avean nel male ormai fatto cammino

e febbre e tosse pativan così molto

che col terror vivan lor vicino.

Chiamò una mamma stanca m’assai bella

con stenti staa e’l corpo avea supino

“patisco tanto ho male alle budella

e d’infettare temo d’esser cagione

ma finirò ch’andrò presto in barella”

e cadde tosto in misera afflizione.

Il cor parvemi infin che mi cadesse

bastó a me veder questa stazione

a capir quanto dolor il male tesse,

Burion avea però ben altre trame

altri sconforti al cuor mi fu necesse.

E m’aspettò ancora triste l’esame

di scendere nel regno d’amarezza

dove chi del respiro ha tanta fame.

In letti d’ospedale senza carezza

stan questi con le maschere sui visi

che ossigeno lor nega ogni ebrezza,

gli manca il fiato e stanno in grande crisi.

M’avvicinò un biondin dal grande ciuffo

“Ero potente, l’America guidavo”

ora m’accorgo d’esser stato buffo

perfin la varecchina mi gustavo

e pago tosto in quell’errore il tuffo

ho perso il tron di certo vaneggiavo”

Guardai Burion et implorai la fine

di quel viaggio che tormentava il core

ma scese ancor e stetti sulle spine.

Andammo giù lì dove l’uom par dorma

traffitta han la gola da tubi di respiro

il male in un supplizio li trasforma.

Guardai il lor corpi ed ebbi capogiro

le membra allor sentii venirmi meno

sorressemi un dottor che stava in giro

con tuta e casco che parea un’alieno.

Un volto vidi e ne ebbi presto attiro

politico sembrò famoso senza meno

“è vecchio ma ogn’or si da da fare”

mi disse un infermiere li vicino

“il Cavaliere non si farà abbuiare

non sarà morto e non avrà declino

ancora sulla scena vorrà stare”

Pietà ne ebbi e piansi a capo chino

più altra sofferenza non potevo

ma’l mio Maestro ancor non era sazio

per pena mia che al male non credevo

volea che grande fosse lo mio strazio

finir in vasta pena ancor dovevo

provar sommo dolore e pagar dazio.

Giungemmo allor dove non c’é più vita

lì il morbo pose fine a ogni respiro

la morte contro lor s’era accanita

e l’anime vagavan andando in giro.

Sorprese furon di vedermi vivo

e avvicinonno meco con ammiro,

“tu sei in questa valle un abusivo

il male non ti tocca o fortunato

ti credi ganzo e fai tu spesso il divo

e della sorte assai hai già abusato.

Se non proteggi più la tua persona

il corpo presto tuo verrà cariato.”

Sentii da dentro com’anima abbandona

e grande lo spavento m’afferrò pelle

Burion ebbe così coscienza buona 

fecemi uscir per riveder le stelle.


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