UN LOOP DI LINGUAGGI

di | Dic 8, 2018 | Attualità

Niente, non c’era niente da fare. Eravamo entrati in una condizione micidiale. Un loop di linguaggi, contenuti e risultati. Non se ne usciva. Il nostro partito era stato sonoramente battuto alle elezioni. E noi avevamo fatto di tutto perché ciò accadesse. Credevamo che quel nuovo leader potesse essere instradato, portato dove volevamo. Insomma addomesticato come era sempre accaduto. Certo esistevano le lotte, i valori e degli scossoni c’erano stati, ci dovevano essere. Occorreva rinnovare, cambiare, ma tornando poi indietro, pian piano in modo che nessuno se ne accorgesse. Avevamo da tempo i dovuti “appoggi”, non mancavano quelli di qualche intellettuale influente. La stampa era importante, i libri e poi la televisione. L’errore grosso era stato di sottovalutare incredibilmente internet. La rete, il web i social. Ma tant’è. Avevamo però una bella parte del sindacato, la scuola. Avevamo soprattutto l’interno del partito e lì potevamo fare veramente male. Non mancavano poi amici all’interno delle istituzioni più forti, fino alla magistratura e più sù. Non era stato sufficiente. Avevamo salutato con grandi aspettative quel giovane rampante. Un po’ arrogante, ma convincente. Un po’ pieno di se, ma intelligente. Capace nel capire le cose, nel vedere ciò che necessitava; già, troppo capace.
Iniziò quasi subito a voler fare di testa sua. Intuì subito la strategia e si circondò di un cordone di protezione, gente fidata. Iniziammo a non avere più potere su di lui. Poi il pericolo vero. La gente imparò a conoscerlo e a comprenderlo, a volergli bene, anche per la sua sfrontatezza. Iniziò ad attaccare la vecchia nomenclatura, ebbe successo e l’ascesa fu forte. Cogliemmo il pericolo e iniziammo a correre ai ripari. Nonostante ciò fece cose maledettamente buone, senza di noi e il paese andava meglio. Allora gli scatenammo contro le nostre forze interne ed esterne. Anche la vita privata gli toccammo, pesantemente. Sapevamo che le verità sarebbero arrivate dopo anni, quando di sicuro la sua autorevolezza sarebbe divenuta ininfluente. Ora dovevamo rinnovare il partito, un congresso senza di lui, ma non riuscivamo a uscire dalla sua scomoda presenza. Se lui non parlava, ci interrogavamo sul suo silenzio. Se parlava lo accusavano di ingerenza. Avevamo persino timore di una sua partenza, perché comunque lui esisteva e la gente lo amava ancora; molti, troppi lo avrebbero seguito. Un fenomeno per noi sconosciuto. Eravamo senza scampo, senza una via di uscita mentre il mondo attorno ci crollava addosso. Eravamo disperati e non vedevamo via di uscita. La scelta cadde su di me perché io con lui avevo sempre tenuto rapporti buoni. Fu deciso che avrei dovuto escogitare una nuova soluzione. Quando gli dissi che dovevamo parlare per tentare una convergenza accettò con naturalezza. Parlammo a lungo quella sera, le sue idee erano speciali. Mi affascinavano, erano le cose di cui avevamo bisogno. Brindammo finalmente alla fine perché io una via l’avevo trovata. Quella d’altra parte era una missione e dovevo adottare una soluzione per il bene del partito e per la sua scomoda presenza. Lo spumante era buonissimo e il sapore secco coprì con efficacia l’amaro del tallio. Quando il veleno iniziò a fare effetto sono sicuro che non sentì dolore. Reclinò il capo e stette li come addormentato. A lui avrei pensato dopo, ora dovevo rassettare tutto, ora le cose potevano ritornare al loro posto.
Il suono della sveglia si inserí nel sogno con la stessa violenza con la mi svegliai. Stetti seduto sul letto smarrito, sudato e incapace di muovermi, poi la luce confortante del sole che filtrava dalle persiane mi fece ritornare alla realtà.


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